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Navigare nel cambiamento per un futuro sostenibile

L’Agenda per lo Sviluppo Sostenibile, redatta dalle Nazioni Unite e firmata dai paesi membri nel 2015, costituisce oggi una delle “stelle polari” per chi ha a cuore il pianeta e le persone che lo abitano.

Le sfide sono molteplici, per le quali vengono proposti i 17 obiettivi dell’Agenda: dal cambiamento climatico alla mobilità green, al sostegno delle popolazioni meno abbienti a politiche di consumi e produzione responsabili.

È innegabile che questo necessiti di numerosi cambi di paradigma rispetto alla vita a cui, soprattutto nelle nazioni cosiddette “sviluppate”, siamo abituati. Tuttavia, l’essere umano è da sempre orientato a preservare la propria stabilità e quindi ogni cambiamento genera una resistenza. Questo vale in gruppi di 10 persone come in aziende multinazionali, figuriamoci quando il cambiamento coinvolge il mondo intero e la sua multiculturalità.

E proprio questo aspetto, la cultura, è sia il fattore determinante che l’aspetto più delicato che è necessario far evolvere nella direzione di una maggiore sostenibilità da parte delle nazioni e, di conseguenza, da parte di ognuno di noi.

Il framework APMG Change Management, scritto dal Change Management Institute in collaborazione con APMG e che attinge alla letteratura vastissima sul tema approfondendone ogni singolo aspetto, può aiutare nel comprendere le diverse fasi di gestione di un cambiamento e ciò diventa di cruciale importanza quando la transizione ha queste proporzioni (le massime possibili).

Quindi, come è possibile “comunicare un senso d’urgenza” (il primo degli otto acceleratori per la gestione del cambiamento teorizzati da uno dei massimi esperti del tema, John Kotter) che faccia comprendere a tutta la comunità che è necessario andare verso modalità più sostenibili in ogni aspetto della nostra vita professionale, industriale e sociale?

Il framework Change Management aiuta a capire a che punto siamo dell’”attitude to change” (Kelman, 1958), ovvero a che livello di adozione di un certo cambiamento ci posizioniamo:

  1. Affrontiamo un cambiamento perché “dobbiamo”? (compliance)
  2. Cambiamo perché comprendiamo il motivo per farlo e l’impatto di non farlo? (identification)
  3. Abbiamo interiorizzato comportamenti e pensieri perché sappiamo che questa è la direzione giusta? (internalisation)

Si può con ragionevole convinzione affermare che sia il livello 3 quello a cui tendere senza indugio per poter dare alla parola “sostenibilità” la sostanza che necessità questa sfida a cui siamo chiamati nei prossimi anni.

Diventa perciò, come anticipato, una questione di cultura: non si tratta solo di stabilire regole e relativi controlli, che senz’altro è necessario ma non sufficiente. L’obiettivo è quello di arrivare al cuore di ogni singola persona per motivare comportamenti e azioni volte al raggiungimento dell’obiettivo comune, facendo in modo di interiorizzare i princìpi li regolano.

Tuttavia, anche in contesti sicuramente più ridotti di quello oggetto dell’Agenda per la Sostenibilità, non è possibile agire in modo specifico sui desideri, bisogni e modalità di comportamento dei singoli, che però rimangono gli attori imprescindibili del cambiamento.

Questo è possibile attraverso un’attenta e strutturata gestione degli stakeholder, la quale analizza ogni singola categoria di interlocutori coinvolti nel cambiamento e abilita le decisioni volte a raggiungerne il giusto livello di commitment e coinvolgimento.

“In un progetto potrai dimenticarti di coinvolgere qualche stakeholder; stai certo che loro non lo dimenticheranno”: in questo adagio sta la chiave dell’importanza strategica di una corretta gestione degli stakeholder, che può fare la differenza in termini di successo o fallimento delle iniziative.

Il framework fornisce strumenti e modalità per identificare e segmentare, in termini di tipologia (es. istituzioni governative, organi regolatori, organizzazioni private, ecc.), tutti gli interlocutori coinvolti, consentendo di:

  • quantificare l’impatto che il cambiamento ha sugli stakeholder;
  • quantificare l’impatto e il potere che gli stakeholder hanno sul cambiamento (legato a doppio filo con il punto precedente);
  • considerare quali sono le esigenze dei singoli all’interno di un segmento identificato, e come intercettarle;
  • progettare iniziative di comunicazione ed engagement mirate per garantire il livello di coinvolgimento richiesto a ogni stakeholder per raggiungere gli obiettivi di cambiamento.

Fin qui, abbiamo parlato come il Change Management possa sostenere l’Agenda per lo Sviluppo Sostenibile, ragionando su aspetti tecnici. Tuttavia un cambiamento non è solo una mera lista di attività di progetto da svolgere, anzi risulta cruciale riuscire a intercettare la componente emotiva delle persone, che come abbiamo già sottolineato sono gli agenti concreti e insostituibili per il raggiungimento del risultato desiderato.

Per questo, il framework illustra in modo funzionale gli aspetti psicologici che regolano la resistenza al cambiamento, così da tenerli in debito conto nella progettazione della transizione e nella già citata gestione degli stakeholder. Mutuando i contenuti da autorevoli teorie includendo moderni campi di studio come le neuroscienze, un approccio orientato e strutturato alla componente umana costituisce il vero valore aggiunto che può essere portato dai leader del cambiamento.

Sì, perché al di là di una gestione progettuale che comprenda tutti gli aspetti descritti finora, ogni cambiamento ha bisogno di leader che sappiano guidare e ispirare, parlando sia alla testa che al cuore di ogni persona coinvolta. Per fare questo, regole che siano in ogni caso allineate a contesto ed esigenze sono necessarie ma non sufficienti, come già anticipato. È fondamentale costruire una leadership che si basi sui princìpi sottostanti a regole sostenibili, che incorpori e trasmetta i valori di integrità, rispetto ed empatia. In poche parole, “walk the talk” deve costituire il mantra di ogni leader chiamato a guidare un cambiamento, a maggior ragione in contesti complessi e ampi.

A questo punto, abbiamo tutti gli ingredienti per poter abilitare la transizione, che parte dalla consapevolezza che il modello perpetrato finora non è più sostenibile e va abbandonato e, attraverso una fase di abbraccio dei nuovi paradigmi, si possa iniziare con nuove e più sostenibili modalità di business e di comportamento (il modello “endings-neutral zone-new beginnings”, come teorizzato da Bridges nel 2009). All’interno del framework APMG Change Management, il “tocco dello chef” è il governo della transizione integrato con un approccio agile al project management, che apporta benefici in termini di strutturazione e flessibilità al processo di cambiamento.

Il viaggio verso la sostenibilità e i 17 obiettivi dell’Agenda per lo Sviluppo Sostenibile non sarà breve e privo di difficoltà, per questo vanno diffusi e agiti princìpi, metodi e processi completi ed adeguati ai cambiamenti che dovremo affrontare.

Dopotutto, “nulla è permanente, tranne il cambiamento”.

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